Si era svegliato in gran forma. L’ultimo latte preso dalla mamma riccio doveva essere molto energetico. E così fu che il ricetto cominciò a zampettare intorno alla mamma. Era la sua prima volta. La mamma lo seguiva con gli occhi attenti perché aveva notato che “lui” a differenza dei suoi fratelli, era molto vivace e temeva che  si allontanasse troppo. Giorno dopo giorno il ricetto diventava sempre più forte e di conseguenza la mamma riccio spesso doveva rincorrerlo, inseguirlo per riportarlo nella tana. Troppi erano i pericoli. Era ancora troppo piccolo per andare in giro poteva perdersi. Non dico la fatica che fece mamma riccio per tenerselo vicino fino all’età adulta, a quell’età che il ricetto lascia la tana per cercarsi una fidanzatina riccia e metter su famiglia. Così insegna la natura ed è così per tutti gli esseri viventi. Primo o poi i figli lasciano casa e vanno “per il mondo” e prima o poi mettono su famiglia. La mamma riccia sapeva che primo poi non avrebbe più rivisto il suo ricetto e i suoi fratellini ed è per questo che un giorno disse a tutti quanti: “Stati attenti a tutti quegli animali più grossi di voi che quando ridono fanno vedere una gran fila di denti appuntiti. Se non potete scappare chiudetevi a “riccio” formerete una palla piena di spine e nessuno avrà voglia di darvi un morso. Sembrava che avesse finito le raccomandazioni ma dopo una breve pausa con un tono forte e minaccioso disse: “Mi raccomando, la vedete quella montagna davanti ai vostri occhi? Bene non dovete mai andare dall’altra parte perché di là dalla montagna ci sono animali molto grandi quasi come una quercia”. A tutti i ricetti gli si rizzarono i peli ops scusate gli aculei. I classici brividi sulla schiena che ci vengono a noi umani quando abbiamo per un attimo paura di qualcosa. E fu così che giorno dopo giorno tutti i ricetti sparirono nel bosco. Fu così che il ricetto Ginetto girovago un po’ per il bosco senza allontanarsi troppo. Finché un giorno, un po’ annoiato, decise di andare proprio nella direzione di quella montagna. La montagna pericolosa quella che la mamma riccia si era raccomandata di non avvicinarsi mai, tanto era pericolosa. Così zampettando zampettando con tutta la sua calma arrivo vicino a questa grande montagna. Man mano che si avvicinava sentiva dei rumori a volte molto forti da aver paura e a volte meno ma sempre paurosi erano. Da lì a poco, alzando la testa vide un lungo muro non tanto alto. Muro che non si riusciva a vedere dove iniziava e dove finiva. La paura era tanta quei rumori diventavano sempre più forti e paurosi ma nello stesso tempo la curiosità era tanta e poi sapeva cosa fare se di là dal muro c’era un animale con i denti lunghi e aguzzi bastava diventare una palla di aculei e quell’animale dalla bocca grande non avrebbe avuto il coraggio di morderlo. Così gli aveva insegnato mamma riccio. Si stava facendo buio e così gli venne in mente di aspettare perché con il buio sarebbe stato più difficile vederlo e si sarebbe sentito più al sicuro. E quando diventò notte ricetto Ginetto cominciò a provare a scavalcare questo muretto. Ogni tanto mentre cercava di scavalcare questo moretto sentiva dei forti rumori sembravano quasi dei ruggiti di leoni o tigri. Ma c’era un’altra cosa oltre i rumori, ora con il buio, si vedevano dei lampi di luce come dei raggi di sole che passavano attraverso la foresta e la illuminavano un pochino, in un piccolo spazio mentre tutto attorno restava buio. Così la curiosità diventava doppia: il rumore e la luce. I tentativi risultano sempre inconcludenti finché, un po’ più in là, vide che un ramo secco era caduto appoggiandosi a questo moretto. Capì subito, il ricetto Ginetto, che questa era la sola possibilità di scavalcare il muretto e così fece. Zampetta dopo zampetta riuscì quasi ad arrivare in cima al muretto, quando la luce da lontano colpi suoi occhi, tanto forte era la luce che non vide più niente e preso dalla paura scatto in avanti, scavalca il muro e ruzzolo su un piano che non era erba ma qualcosa di duro e compatto. Ma la paura non passò perché senti da lontano un rumore, quasi un ruggito, che avvicinandosi aumenta sempre. E anche le luci si fecero sempre più forti. Aiuto! penso il ricetto Ginetto e fu così che si chiuse palla e rizzò gli aculei. Tremava dalla paura, il rumore, ogni secondo che passava diventava più forte e insopportabile. Finché fu lì vicino a lui, non ebbe tempo di pensare perché qualcosa gli passo sopra, colpendolo ma solo gli aculei, e facendolo rotolare per diversi metri. Fortunatamente sia la luce che il rumore sparirono allora il ricetto Ginetto si rincuorò un po’ e provo ad aprire gli occhi. Che delusione non potete tenerli aperti perché aveva la luce che gli dava fastidio. Poi si sentì sollevato, “Mamma mia cosa mi sta succedendo mica sono un uccello che posso volare”. E mentre finiva il suo pensiero sentì una voce: “Ricetto ricetto, per questa svolta ti è andata bene, non sei rimasto sotto le ruote di quel camion. Ci hai rimesso solo qualche aculeo, ma quelli ricresceranno. E ora vai allontanati. Da questa strada e da tutte quelle che incontrerai durante la tua vita”. Il ricetto Ginetto si voltò e vide di schiena quell’uomo che lo aveva salvato. Lo voleva ringraziare. Così cominciò ad allontanarsi da quella strada pericolosa e tornando in luoghi più sicuri della foresta penso: “Quando avrò i miei ricetti sarà il mio primo insegnamento digli di stare lontano dalle strade sperando che nessuno dei miei figli sia curioso e disobbediente come sono stato io”.

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