​​​​​​​​Intervista realizzata nel 2015, pubblicata sulla rivista  New Cesenatico e parte del libro “Gente sul Canale” – Ponte Vecchio editore, 2017  di Alma Perego

Di Alma Perego

TININ MANTEGAZZA

UN ECLETTICO ARTISTA MILANESE, ROMAGNOLO D’ADOZIONE

 

Due ore passate in un soffio, tra una pioggia quasi londinese alternata a sprazzi di sole davanti a una tazza di caffè, nello scenario del Porto canale. Questo è stato il regalo di Tinin Mantegazza, un personaggio che sta naturalmente tra l’essere graffiante, sarcastico quando serve, ma soprattutto poeta.

A Cesenatico lo conoscono tutti, io ho sentito parlare di lui a Milano, quando studiavo storia del teatro all’Università. In quell’occasione ho conosciuto lo straordinario mondo dei pupazzi di Velia e Tinin Mantegazza, tra le altre numerose attività intraprese nel corso della sua permanenza a Milano dove, al Cab 64 inaugura in uno scantinato di via Santa Sofia uno dei cabaret che faranno la storia di quel periodo magico, basti pensare alle radici del Derby, del Ciack, dell’Elfo, del Tetro Verdi e del Buratto(teatri storici milanesi), delle gallerie d’arte dove girano Sassu e Fontana, del gruppo “Pittura Nucleare” per capire di cosa stiamo parlando, che negli anni ’80 smette di funzionare e la ”Milano da ridere” si trasforma nella “Milano da bere” (saranno i corsi e i ricorsi storici del buon Giambattista Vico?).

Mi documento prima d’incontrarlo, è più che doveroso. Scopro, allora, che potrei riempire i fogli di questo giornale e… non si può fare. Se si volesse approfondire internet è a disposizione. Mi concentro, quindi, sulla sua storia locale, qui a Cesenatico, poiché ho la certezza che ha parecchio da raccontare questo simpatico ed eclettico artista che nei suoi 86 anni ha contribuito a dare un’immagine vera, profonda e disincantata del suo estro. Il suo vissuto torna nel corso dell’intervista, accompagna dolcemente o a volte con furia il ricordo dei momenti passati a Milano ma anche qui, dove nei primi anni ‘60 iniziò come inviato de “Il Giorno” a lavorare come inviato/cronista di spiaggia. Il mare l’ha sempre attratto, le origini lasciano il segno, infatti, i primi anni di vita li trascorre a Varazze. Milano è il cuore pulsante della creatività e del lavoro, ma il cuore batte per la costa romagnola che a quei tempi era in forte espansione.

“Conoscevo Cesenatico da tempo. Io e mia moglie Velia abbiamo vissuto tra Milano e questa cittadina romagnola per anni, fino a che abbiamo deciso di trasferirci definitivamente qui. Abbiamo vissuto il periodo di Primo Grassi, che aveva intuito l’importanza del turismo, ne è stato il precursore, era un fenomeno. Poi, ho conosciuto Giorgio Ghezzi, stimolatore del turismo locale, aveva fondato un club all’Internazionale, il suo hotel, dove si riunivano gli amici, tra questi Gino Bramieri, Lina Volonghi, Tullio Pericoli- per citarne alcuni – ma elencarli tutti è un’impresa! Non era una questione d’immagine e neppure di mondanità, come spesso si è detto. L’ospitalità romagnola è una questione culturale, è la virtù di questo posto. La popolazione alberghiera e dei bagnini si è reinventata un mestiere, prima erano quasi tutti contadini. La simpatica “follia romagnola” la si incontra anche con il festeggiamento dei suoi eroi mancati, vedi Artusi, Garibaldi e Pascoli. E’ pieno di fascino questo recupero di personaggidiventati a furor di popolo glorie locali!”.

E Paolo Poli (noto attore di teatro da poco scomparso, molto amico di Tinin) prima del suo spettacolo al teatro di Cesenatico disse: “Se non mi portate il Tinin, non salgo sul palco!” Riporto una frase che ho sentito in occasione dell’open day del teatro. Mi ascolta sorridendo quando gli confesso che è stata la molla conclusiva che mi ha portato a incontrarlo, poiché Paolo Poli l’ho conosciuto e ammirato.

Spirito irrequieto, artista polivalente, mai sazio di provare emozioni, ma anche di trasmetterle, mi dice con una certezza che non ammette repliche: “Un artista deve dare, alcuni sanno solo prendere, sono figli dell’egocentrismo!” E’ stato direttore del teatro e presidente della Fondazione Balestra di Longiano, dove ha donato più di 500 dei suoi disegni.

Il suo amore per il tratto ha origini antiche. Da piccolo disegnava, riempiva fogli con caricature, qualcuno si offendeva, ma già si intravedeva la capacità di ritrarre, di inventare; non dimentichiamo che Tinin ha realizzato uno dei pupazzi più popolari dei nostri tempi: Dodò, il cucciolo pennuto a pois de“l’Albero Azzurro”, famosa trasmissione televisiva in onda dal 1990 che ha calamitato l’attenzione di migliaia di bambini, la cui regia era curata proprio da Velia, sua moglie. “Passerò alla storia come il babbo di Dodò! Lui è proprio mio, molti li ha ideati Velia, ma lui è la mia creatura, l’ultimo nato”.

L’idea di creare i personaggi che poi diventeranno le statue del presepe sulle barche del Porto Canale è nata a casa sua con altri amici e l’allora sindaco Bissoni. Non lo sanno in molti.Sembra incredibile che una personalità così ricca si presenti con semplicità, disincanto, ironia e una dolcezza nello sguardo quando andiamo a richiamare tutte le sue attività, compreso il lungo periodo passato a fianco di Enzo Biagi, al “Fatto”, trasmissione televisiva entrata nella storia.

Tornando a Cesenatico durante questa fantastica altalena di periodi storici, sostiene con una punta di rammarico: “Amo questo posto e andrebbe migliorato ridandogli quella dignità culturale che nel tempo si è andata esaurendo. Penso ad esempio ai bar, fucine di idee e centri di nascita di grandi imprese, la “Nove Colli” è nata da un’idea in un bar. Penso intensamente a un progetto sui mercatini che lasci il segno. Penso seriamente che qualcuno dovrebbe preoccuparsi anche dell’impatto ambientale futuro di Cesenatico, l’impulso culturale è anche questo, l’improvvisazione non paga!”.

Milano è ormai lontana dai suoi pensieri, non la rimpiange e non la riconosce nell’impostazione attuale dove: “ L’unica cultura interessante è quella che rende e la moda, la pubblicità, l’editoria e il teatro hanno fatto un passo indietro” e cita il suo ultimo libro: ”La libraia di piazzale Loreto”, uno spaccato di storia, il ricordo di Tinin quattordicenne che racconta la fine della guerra in una giornata che ha vissuto e ha lasciato un segno indelebile nel suo più intimo sentire.

Il tempo scorre e di episodi da raccontare ce ne sarebbero ancora tanti. La pioggia incalza, ci salutiamo, io percorrendo la banchina del Porto Canale sono ancora preda della fascinazione che questo vero artista è riuscito a trasmettere, non ultima la passione reale per la sua città d’adozione, Cesenatico, anche se si definisce aspirante romagnolo, credo proprio che lo sia per elezione.

Per voi un mini video del Presepe di Cesenatico ??