Brancatello Sergio è un medico che in questi tre anni ha fatto la differenza, perché ha salvato 46 mila persone dal Covid 19. Questo virus si è potuto curare grazie a molti medici che si sono opposti alla scienza della tachipirina e vigile attesa, del lockdown, del green pass e dei distanziamenti e mascherine. Ci hanno chiuso in casa, hanno chiuso le nostre attività, hanno emarginato i nostri figli, hanno lasciato a casa professori e medici senza stipendio, hanno ricattato operai, hanno terrorizzato tutto un paese mettendo addirittura le persone una contro l’altra. Tutto questo condiviso ed appoggiato dal potere politico e decantato giornalmente da tutti i maggiori mezzi di informazione. Oggi finalmente sta venendo a galla la verità: sono stati nascosti dati, cancellati addirittura, praticamente ci hanno manipolato, anche se ancora quei mainstream al servizio di qualcuno non ne fanno menzione. Ora è il popolo che dovrebbe svegliarsi e chiedere giustizia.
Sono stata al telefono con il dottor Brancatello Sergio quasi due ore ed ho trovato un uomo integro, che quello che ha fatto lo ha reso un uomo soddisfatto delle sue scelte. Ha scelto la libertà e la verità piuttosto che un cospicuo stipendio. Nessuna cifra poteva comprare la sua integrità morale e qui non stiamo parlando di pochi spiccioli qui si parla di uno stipendio mensile di 6000 euro.
Chi è Brancatello Sergio?
Brancatello Sergio nasce a Palermo 1957 e già da bambino, aveva appena 3 anni, assieme ad un suo amichetto dissero “noi da grandi faremo il medico”. Ci inizia a raccontare la sua storia partendo proprio da quel momento della sua vita, quando ancora a quell’età non sapeva che cosa fosse quella professione, ma sapeva che ero nato proprio per fare il medico.
Si iscrive dopo il diploma a medicina a Palermo. Purtroppo in quel periodo alla madre, appena 49enne, gli viene diagnosticata una leucemia.
“Passavo le notti in ospedale con lei, l’ho portata dolcemente fino al passaggio nell’altra dimensione. Ora sono quarant’anni che è morta e penso che sarebbe fiera di quello che ho fatto. Non sono per niente pentito di tutte le mie scelte, che mi hanno portato poi a fare quello che sto facendo da tre anni”.
Durante il periodo Covid nel 2020 Brancatello Sergio infatti era medico del pronto soccorso e del 118 a Mondovì in provincia di Cuneo. Ma già da settembre 2019 ci confida che si accorge, durante i suoi turni di 12-15 ore per ben 20 volte al mese, che i casi di polmoniti erano aumentati in maniera esponenziale e non capiva perché.
“In quel periodo non si parlava di Cina, non si parlava di nulla. Mi ero anche accorto che i pazienti che curavo a casa guarivano, invece quelli che andavano in ospedale spesso venivano intubati e qualcuno purtroppo non tornava più a casa. Solo a gennaio 2020 si è iniziato a vociferare che in Cina c’era un virus terribile, lo stesso Burioni diceva che non sarebbe mai arrivato in Italia. Intanto io da 2 o 3 casi al mese di polmonite ne iniziai a vedere 40- 50. Qui capii che c’era qualcosa che non funzionava. Poi si parlò del paziente numero 1 a Codogno e poi partì tutta la follia dei lockdown con le zone rosse, arancioni, verdi. Secondo me questa è stata una follia, non si affronta così un problema sanitario. Ho molto da ridire su come è stata gestita questa emergenza. Ci hanno costretto a vestirsi come dei palombari con tute bianche, visiere, doppie mascherine, doppi guanti chiusi addirittura con lo scotch, come se avessimo avuto a che fare con l’ebola. Per me era una cosa veramente esagerata. Mi sono ritrovato a lavorare per 12 ore quasi sempre con una tuta addosso, anche ad agosto, tanto è che mi sono sempre chiesto come ho fatto a non prendermi una polmonite. Sempre sudato marcio salivamo le scale con monitor e zaino da 70 kg, perché a noi del 118 non è consentito usare l’ascensore, per non rischiare di rimanere bloccati dentro”.
Questo è quello che ci racconta il dottore molto meticolosamente ricordando ogni piccolo particolare di quel periodo. Proprio in quel periodo gli arrivano anche richieste di aiuto da parte di amici e parenti che lo chiamavano perché positivi al tampone con febbre e tosse. Ha iniziato a curarli come curava la Sars Cov 1, che era scoppiata qualche anno prima, prescrivendo un antinfiammatorio, qualche volta l’antibiotico, idrossidiclorochina, talvolta Invermectina (ma ben presto era sparita dalle farmacie), vitamina C, vitamina D, quercetina, lattoFerrina, Zinco Picolinato, e poi i sintomatici: sedativo della tosse, fermenti lattici. Nei casi più gravi ossigeno ed eparina. Non faceva altro che usare con intelligenza i preparati che la scienza gli aveva messo a disposizione per curare e aumentare le difese immunitarie.
Ma qui ci fermiamo un attimo prima di continuare su questa direzione, perché voglio portarvi indietro e riportare il curriculum vitae del dottor Brancatello Sergio. Le sue molteplici esperienze in diverse branche della medicina lo rendono un medico completo ed esperto.
Fin da studente in medicina studia e frequenta i reparti. Ha accumulato una serie di esperienze importanti in diversi campi: chirurgia, medicina, ostetricia, radiologia, otorinolaringoiatria. Quando si è laureato si è trovato davanti ad un muro, perché a Palermo non c’erano grandi possibilità o dovevi aspettare qualche sbocco lavorativo ricevuto in gentil concessione da qualche professore dell’università oppure stavi a spasso. Così si mise a lavorare in un laboratorio come medico prelevatore e poi facendo analisi, sviluppando esami e test di gravidanza. Questo gli ha potuto garantire uno stipendio per mantenere la famiglia, perché nel frattempo un anno prima della laurea, orfano di madre, si era sposato ed era nato il primo figlio.
Iniziò poi a fare le prime guardie mediche prima a Palermo ma poi preferendo le isole della Sicilia: Pantelleria, Lampedusa, Ustica, Lipari, Favignana, Marettimo le ha fatte tutte. Dovendo rimanere sulle isole per 15 giorni consecutivi, gli ha permesso, oltre a fare la guardia medica, di sostituire i colleghi di medicina generale. Tutto questo lo ha fatto per anni.
La famiglia intanto cresce ed ha già tre figli maschi. Gli viene offerto di fare il medico di bordo, il direttore sanitario per la marina. Poteva benissimo affrontare quel lavoro visto la sua esperienza in diversi campi della medicina. Per essere più completo decise di frequentare la sala parto partecipando ad un centinaio di nascite. Una scelta che gli tornò utile visto che durante il suo impegno come medico di bordo fece nascere tre bambini. Portò avanti questo percorso lavorativo per 9 anni e per 10 mesi l’anno, una vita molto solitaria, ci confida. Nel frattempo nasce il quarto figlio maschio e poi nel 2000 invece la moglie partorisce una bimba, e qui la svolta decisiva di smettere quella vita solitaria sulle navi. Ora il suo obiettivo oltre a fare il medico era quello di stare più vicino possibile alla famiglia e vedere crescere i figli per non perdersi quei momenti importanti a cui un padre non dovrebbe mai rinunciare.
Così accetta di lasciare le navi e la sua bella Palermo e si trasferisce a Mondovì in provincia di Cuneo.
Una collega di Siragusa lo stimola nel fare domanda in Piemonte perché a quanto pare vi era molta richiesta di medici. Così si mobilita chiamando la direzione sanitaria di Mondovì in provincia di Cuneo. Gli si aprì la strada per fare così il medico del 118. Mondovì gli piacque così tanto che decise di trasferirsi lì definitivamente nel 2001 con tutta la famiglia, vendendo la casa di Palermo.
“Qui ho fatto la guardia medica per un paio di mesi, aspettando che si liberasse un posto nel 118, ma anche medico carcerario nel penitenziario di alta sicurezza di Saluzzo, oltre a fare la libera professione nel suo studio; poi sono stato medico della centrale operativa di tutta la provincia di Cuneo che è la più grande d’Italia, ho lavorato a Torino per le Olimpiadi. Insomma fare pronto soccorso, seriamente, di giorno e di notte da solo mi ha fatto crescere tantissimo. Mi sono trovato così nel 2020, a tre anni dalla pensione, con una bella esperienza di vita, soddisfatto di quello che avevo fatto però non sapevo ancora quello che sarebbe successo.
Nel frattempo avevo fatto un master di medicina interna, di specializzazione in scienze dell’alimentazione, di erboristeria, di omeopatia, di scienze olistiche. Mi ha sempre attirato la medicina alternativa, cioè quella in cui non bisogna somministrare dei farmaci, ma si può curare in maniera naturale. Sono sempre stato dell’idea che è meglio prevenire che curare.”
Il primo incontro con Luc Antoine Montagnier biologo e virologo francese premio Nobel per la medicina nel 2008.
“Nel 2008 in un congresso ad Amsterdam ho avuto la fortuna di incontrare il compianto premio Nobel Luc Montagnier, da quel giorno siamo rimasti sempre in contatto. Dopo il Nobel lo stesso Luc Montagnier si occupava di antiossidanti ed anche io ho iniziato ad interessarmi come metodo per prevenire malattie degenerative come il Parkinson e l’Alzheimer. Mandai una mail a Luc Montagnier nel 2020 quando iniziai a curare i primi pazienti rendendolo partecipe dei farmaci che usavo per guarire il Covid 19. Mi confermò che quello che stavo facendo era esatto. Così continuai a curare i miei primi pazienti e decisi di curarli gratis. Io prendevo all’epoca un ottimo stipendio che mi permetteva di vivere bene, quindi non avevo bisogno di arricchirmi sulla pelle delle persone. In quel periodo però lavoravo 24 ore su 24 tra pronto soccorso, 118 e nelle altre 12 ore lavoravo per seguire i miei pazienti rispondendo al telefono, ai messaggi, ai vocali mandando terapie e nel richiamarli per chiedergli come stava andando”.
Quelli vicini li andava a visitare di persona, quelli distanti, se il medico curante non andava a visitarli, faceva chiamare il 118 che era costretto ad andare a casa del paziente. Qui il dottor Brancatello Sergio interagiva per telefono con il collega che gli riferiva cosa sentiva con il fonendoscopio e in che stato erano i polmoni. Iniziava così subito la terapia riuscendo così in 5, massimo 7 giorni a farli guarire. Con il passaparola il suo numero di telefono arrivò ovunque tanto è che lo iniziarono a chiamare dalla Svizzera, dalla Francia, dall’Inghilterra, dal Giappone al Texas. Per riuscire a stare dietro a tutti i pazienti ed al lavoro dormiva a spezzoni.
Arriviamo a settembre 2021
“In quel periodo mi arrivò una PEC dell’Asl CN1 dove praticamente mi comunicarono che sarei stato perseguito, perché secondo loro stavo facendo qualcosa di sbagliato. Mi fu formalizzata l’accusa di “conflitto di interesse”. Quindi secondo loro il fatto che io curassi e guarissi le persone era in conflitto di interesse col fatto che gli ospedali ricevevano in questo modo meno pazienti, è l’unica risposta che mi sono dato visto l’accusa ricevuta. L’ Asl ricordiamo che per un paziente ricoverato Covid in quel periodo prendeva: 3.713 euro per un paziente ricoverato in area medica e 9.697 euro se ricoverato in terapia intensiva al giorno. Quindi appunto per questa motivazione decisero di decurtarmi il 20 per cento dello stipendio.
Mi è sembrata un’ingiustizia incredibile che io invece di essere ringraziato perché salvavo vite, mi si fosse decurtato lo stipendio perché portavo via clienti all’Asl. Comunque incassai il colpo ed andai avanti curando lo stesso le persone gratis. A quel punto mi rimandano una seconda PEC dove mi comunicano che mi devono nuovamente processare, perché sono reiterante nel reato di curare le persone e mi condannano alla decurtazione del 100 per cento dello stipendio. Praticamente avrei dovuto lavorare gratis. A questo punto non ci ho pensato un attimo, era dicembre 2021 ho mandato una pec con le mie immediate dimissioni che hanno accettato ed hanno così chiuso la vertenza.”
Ecco che qui il dottor Brancatello Sergio si è trovato in difficoltà senza un’entrata sicura ma ha scelto la verità e la libertà. Così nasce la “telemedicina in fiducia”. Nasce per caso quando un suo paziente gli chiede se vuole essere il suo medico di fiducia ogni qual volta avesse avuto bisogno lui avrebbe dovuto rispondere.
“Mi sono detto se quello che ho fatto fino adesso con lo stipendio era gratuito, d’ora in poi chiederò una donazione per il lavoro svolto. Se qualcuno vorrà donarmi qualcosa bene, se no pazienza. Questo mi avrebbe permesso per lo meno di sopravvivere non di arricchirmi. Dopo un mese avevo 1000 iscritti ed oggi mi ritrovo con 10 mila iscritti a telemedicina in Fiducia con pazienti sia in Italia (un buon 90 per cento) ma anche in ben 42 paesi stranieri.”
Come funziona Telemedicina in fiducia?
Il paziente manda un messaggio o telefona. Il dottore gli manda un prestampato su whatsapp o per mail dove gli spiega cos’è la telemedicina. Poi si deve compilare un questionario dove si chiedono i dati anagrafici e i dati sanitari. Si prepara quindi una cartella clinica del paziente dove verranno anche segnate tutte le chiamate ricevute e gli aggiornamenti.
“Oggi mi trovo migliaia di pazienti in ogni regione d’Italia che sono diventati poi migliaia di amici. Tanto è vero che di Covid 19 sono guariti tutti, non è morto nessuno, neanche quelli che avevano saturazione sotto il 60%, situazione in cui sarebbero stati sicuramente stati intubati e mandati in sala di rianimazione, i miei pazienti sono guariti a casa, senza intasare gli ospedali; con ciò faccio ugualmente i complimenti ai miei colleghi ospedalieri che hanno sicuramente fatto del loro meglio. Ho avuto persino persone ultracentenarie che hanno preso il Covid, pazienti con patologie molto gravi come cardiopatie, broncopatie o tumori che sono guariti a casa. Questa per me è la massima gratificazione. Secondo me non si doveva parlare di Pandemia fin dall’inizio ma semplicemente di endemia. E qui erano d’accordo con me lo stesso Luc Montagner, Massimo Citro, Barbara Balanzoni, Silvana de Mari, il professor Di Bella e tanti altri medici che sono stati radiati o sospesi. Lo stesso ministero aveva ordinato ai medici di base di evitare di curare le persone, di visitarli e dargli soltanto paracetamolo ed aspettare. Qui io mi chiedo: aspettare cosa? Attuare una terapia nei primi 5 giorni era fondamentale per la guarigione, ma queste cure erano indispensabili e tempestive anche prima del 2020, perché una polmonite lasciata a sé stessa non può guarire da sola. Comunque, per quello che penso io da medico con quasi 40 anni di esperienza, il Covid di adesso è solo una banale influenza e non è paragonabile a quello del 2020-2021.
Da due anni circa adesso sto curando persone con probabili danni da vaccino, comunicando all’AIFA i dati delle possibili reazioni avverse che riscontro nei miei pazienti. Ho riscontrato così un aumento di malattie autoimmuni, tumori, cardiopatie, miopatie, trombosi, leucemie, pericarditi e miocarditi devastanti soprattutto nei giovani.”
Concludiamo così la nostra intervista dopo che molto attentamente ho ascoltato tutto quello che mi ha detto ed ho preso appunti, perché ogni cosa era importante da scrivere.
“Io sono un medico e quindi mi devo basare su dati scientifici. C’è stata una malattia che hanno chiamato Covid 19 che è stato creato sicuramente in laboratorio come diceva il mio amico Luc Montagner. Luc Montagner nei suoi studi aveva stabilito che alcune parti del genoma di questo virus erano un pezzo di Coronavirus, un pezzo di HIV e un pezzo del genoma del veleno di serpente. E così con questo Virus sono riusciti a testare le persone a metterle di fronte alla paura della morte perché di fronte alla morte le persone sono disposte a fare qualsiasi cosa. Io però come medico sono contento di avere intrapreso questa strada e cioè salvare più gente possibile con la mia esperienza e con le mie capacità, perché un domani quando sarò davanti al creatore potrò guardarlo in faccia e dirgli io ho fatto il mio dovere”.