Una buona amministrazione comunale è tale se riesce a dare ai suoi cittadini e anche ai suoi ospiti, tutti i servizi necessari per una serena quotidianità. Il cittadino deve sentirsi dentro un sistema, un’organizzazione del territorio che gli garantisce il raggiungimento dei propri bisogni. È facile capire quali sono i servizi più importanti: la sanità, la scuola, case popolari, lo sport, una buona urbanizzazione con servizi pubblici che coprono bene tutto il territorio, salvaguardia dell’ambiente, l’ottimizzazione della raccolta rifiuti domiciliare e industriali, creare le condizioni per una rete commerciale che permette al cittadino di scegliere dove comprare e ancora tanto altro. Mi vorrei soffermare proprio su questo ultimo punto: la creazione di una rete commerciale che permette al cittadino di scegliere dove andare a comprare prodotti per il mangiare e per altro. A Cesena, anche altre città; negli ultimi anni, hanno avuto un tracollo dei pubblici esercizi, chiusura di tanti negozi non alimentari e alimentari. Questo è dovuto, come abbiamo già detto altre volte, alla politica nazionale locale che ha favorito l’insediarsi, dentro le città sia fuori nella prima periferia, di molti ipermercati e supermercati. Purtroppo questo ha provocato la desertificazione delle città e ora i sindaci e le amministrazioni fanno le lacrime di coccodrillo e si sono accorti che con la poca affluenza di gente nei centri delle città il Comune non ha ricavi sostanziali necessari per portare in porto i progetti da dare al cittadino: quei servizi di cui parlavamo prima. Da quando lo Stato italiano ha deciso di non dare più soldi ai comuni sono gli stessi comuni che devono “impegnarsi“ con le tasse locali nel recuperare quei soldi che lo Stato non dà più. Una delle tasse più importanti come gettito per le casse dei comuni e la tassa sul suolo pubblico occupata dai pubblici esercizi. Di fatto cosa è già successo o sta succedendo? Che i centri si sono riempiti di bar, pizzerie, gelaterie, ristorantini, enoteche e quant’altro inerente al mangiare. Alle amministrazioni questo va benissimo perché tutti gli esercizi pubblici alimentari che ne hanno la possibilità occupano lo spazio pubblico che viene pagato non poco per la gioia delle casse comunali. Ma una domanda viene spontanea? Tutte queste città che devono diventare abbeveratoi e mangiatoie possono avere un futuro? Nel senso come faranno a riempirsi tutti i locali il sabato e la domenica se l’offerta è molto più grande della domanda? Se poi c’è una città, vicino alle altre, che per capacità propria o per fortuna “sbaraglia“ le altre città, offrendo qualcosa che attira di più la clientela soprattutto al sabato e alla domenica, cosa succederà a quei pubblici esercizi, a quei tanti che hanno aperto senza aver abbastanza clientela per mandare avanti la propria attività? Chiuderanno! Con il risultato che quelle città subiranno una seconda desertificazione che porterà a un impoverimento delle casse comunali e di conseguenza del benessere del cittadino. Saremo tra pochi anni a città diventate villaggi spettrali degni di film di fantascienza? Potrebbe essere. Tutte le amministrazioni hanno lo stesso programma, un copia incolla con il risultato che nessun progetto si differenzia dall’altro ed è invece nella differenziazione dell’offerta che si possono ottenere dei risultati. Anche se questa diversità di obiettivi comporterà un maggiore tempo di realizzazione. Forse è proprio questo che frena le amministrazioni a costruire obiettivi a medio lungo termine. Infatti per essere rieletti hanno bisogno di consensi e progetti a vista, subito realizzabili, che a questo punto non sono altro che fumo negli occhi per l’elettore. Con il copia e incolla non si va da nessuna parte. Eppure tutte le città hanno una risorsa importantissima da sfruttare che è il mercato ambulante. Nelle città più importanti il mercato c’è due volte a settimana e, nonostante le varie crisi succedute in questi ultimi decenni, un appuntamento consolidato e ancora dalle grandi potenzialità per il suo futuro e di conseguenza per l’economia di tutto il centro città . Un buon amministratore deve sapere come deve essere un mercato cittadino e deve impegnarsi al massimo perché lo sia. Invece la maggior parte dei sindaci lo vedono come un peso, un qualcosa che non vale più la pena di “curare“ e “salvaguardare“. Eppure di gente ne viene ancora tanta. Prendiamo per esempio Cesena. Non ha un reparto alimentari degno di questa città. E’ piccolo come superficie, è relegato in uno spazio poco agevole in quanto camminarci sopra si rischia di cadere perché il pavimento è composto da un selciato. Tanto è vero che alcuni ambulanti alimentari sono stati posizionati, alcuni anni fa, in mezzo ai banchi di scarpe e abbigliamento. In poche parole è una città di quasi 80.000 abitanti con un indotto importante, visto anche la e 45 che facilita l’arrivo della clientela anche da lontano, ma ha un reparto alimentare come un paesello di 1000 anime. Se non ci credete andate a Ravenna, Rimini e Forlì e vedrete la differenza ma quel che è più grave è che paesi come Savignano sul Rubicone, Santarcangelo, Cesenatico, Cervia hanno un reparto alimentare più grande di quello di Cesena. Vi ricordate all’inizio quando parlavo che c’è una volontà politica che fa succedere le cose? Ecco questo è un esempio di come l’amministrazione di Cesena ci tenga al proprio mercato sembra che faccia di tutto per distruggerlo e se continua così ce la farà. Sì perché il reparto alimentare di un mercato è di grande importanza, attira e fa venire molta gente; che di conseguenza diventa clientela anche del reparto non alimentare. Ma questa clientela che vuole e cerca quantità e varie qualità nel mercato se non le trova non viene. Così abbiamo perso molti clienti che dovendo comprare alimentari e non avendo quantità di scelta nel mercato vanno nei supermercati vicini. Forse è questo l’obiettivo dell’amministrazione di Cesena: indirizzare negli Iper? Mah   a pensar male, non va fatto, ma volte ci si indovina. A Cesena poi… Visto com’è andata a  finire lo storico mercato  coperto che proprio dall’amministrazione è stato “smantellato” per favorire la sua occupazione a una delle più grandi multinazionali dell’alimentazione: la Conad. Ma questo diventa un altro discorso e non basterebbero un quaderno per raccontarlo…….Anzi notizie di ultima lo vogliono fare diventare un IPERMERCATO